30 giugno 2008

Tu perc'

Avete presente quella sensazione di noia, angoscia, apatia e atarassia, quasi abulia, l’aprire i cassetti e richiuderli senza aver preso nulla, lo sciabattare per casa senza meta, l’aprire il frigorifero e guardare per mezz’ora il formaggio (o altro cibo da frigorifero a scelta) come a chiedergli ma tu ti faresti mangiare, lo stare seduti e guardare nel vuoto con la testa di sbieco e lo sguardo crucciato, il voler uscire ma non sapere dove andare, l'avere un forte desiderio di fare qualcosa con una mancanza di voglia di fare qualunque cosa delle stesse esatte proporzioni a controbilanciare.
Mai avuto tutte queste sensazioni?
Ecco in Calabria questo stato si chiama poseja.
Parola fondamentale per spiegare l'angoscia esistenziale che attanaglia i calabresi da generazioni e che gli impedisce di comportarsi a modo.
Adesso pure voi potrete dare un nome alle vostre domeniche pomeriggio.

L'inglese: gran lingua.
Pensate che una delle parole inglesi (non sozze) più conosciute dai giovani deriva (forse) dal calabrese.
Piercing (dall'inglese to pierce: bucare, forare), ha il suo omologo calabro in perciare. (voce del verbo tu perc')
Uno dei proverbi più famosi e usati localmente che contiene proprio questo verbo è: "Comu dissi u surici 'a nuci, 'ammi tempu ca ti perciu." che a Oxford tradurrebbero "How the mouse said to the nut, give me time and I will pierce you." Chiarissimo, no?
Il latino, stringato e senza cuore, direbbe "gutta cavat lapidem", ma siccome quando si parla di lapidem qui, se va bene, ci si tasta tra le gambe, se va male, partono sonori "TIE'!" accompagnati da illustrative corna (purtroppo con la c minuscola, non maiuscola), si preferisce la versione dialettale, usata, tra l'altro, dai giovani riguardo a dame resistenti alla corte nella versione abbreviata: " 'Ammi tempu ca ti perciu...".

Il calabrese spiega con un altro suo proverbio un misterioso fenomeno che ognuno di noi avrà incontrato quando si tratta di fare divisioni, infatti: "Cu sparti si pigghija a megghiju parti" ossia "Chi fa la divisione prende la parte migliore". Tenendo questo in mente, ricordatevi di offrirvi a fare le porzioni (un po' come fanno da sempre i politici con la cosa pubblica)...

E ora qualche parola utile:
Prescia: fretta. Ad es.: Va chianu! Chi è tutta sta prescia! (Va piano! Cos'è tutta questa fretta!)
Nasca: naso, non comune gara calabrese di muli in tracciati ellittici, come alcuni avranno pensato.
Cato: Secchio. (con le varianti: Ducati: due secchi; Maleducato: male del secchio).
Pruppu: polpo, come in "Cu sì tu? Melu, u figghiu du u Pruppu?" = Chi sei? Carmelo, il figlio del Polpo?
Vastasu: sia scaricatore di porto che persona infima.
Pilu: pelo. Tipica metonimia (parte per il tutto), quindi "pelo pubico" per "donna". Esempio quasi sconosciuto: "Cchiù pilu pi tutti".
E ora il classico saluto locale calabrese carico di disprezzo e fastidio: Cià cià...(cazzu cazzu)

(meraviglioso il tappeto fatto a Vibo)

11 commenti:

  1. Con questo caldo ho una poseja indescrivibile: immagino scendere acqua giù dai cati ma devo rassegnarmi all'afa.
    Scusa se non mi dilungo.. vado di prescia

    :'D

    P.s questa rubrica e quella del pazzo le adoro. Sono le uniche due che il mio neurone (povero Ciccio) riesce a comprendere bene ù.ù

    Tante belle bacche, caro *.*

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  2. Fantastica questa rubrica!
    I gerandi dilemmi dell'umanità vi trovano risposta o.0
    un viaggio attraverso le lingue e le culture...e poi finalmente ho capito cosa significa maleducato :P

    Ciauz

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  3. Ho frequentato la calabria anni fa, l'unica parola che mi è rimasta impressa è Ficandiani (= fichi d'India), rigorosamente tutto attaccato! :D

    Modalità "profrompiballe" ON. Prescia è italiano.
    Modalità "profrompiballe" OFF.

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  4. Cara la mia Jane/profrompiballe
    Dal De Mauro Paravia:

    prè|scia
    s.f.
    RE centromerid., fretta

    Dal Garzanti:
    prescia
    Sillabazione/Fonetica [prè-scia]
    Definizione s. f. (roman.) fretta.

    Ecco. Per dire che proprio italiano, italiano non è. Certo sarà più diffusa in Italia del toscano "spengere" (che tra che suona male e la boria dei toscani che ti assicurano che quello è il vero italiano io la odio sta parola), comunque fuori della Calabria non l'ho sentita.

    Nuvola, questo discorso mezzo italiano e mezzo dialetto mi ricorda tanto un nostro conoscente... :-P
    Numerose bacche anche a lei.

    Lieve, non si finisce mai d'imparare per fortuna :-D
    Poi il calabrese riserva sempre qualche sorpresa...

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  5. Io si!:P
    ...anche perché "andare di prescia" è un'espressione che uso spesso (non sono calabrese) E poi c'ho ragione io ebbasta!!!mode JaneBimbaRompiballe off :D

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  6. In Campania, abbiamo la ribusciatezza. è un senso di noia esistenziale che non prevede mai angoscia: è solo un completo, totale disinteresse nei confronti di qualsiasi atto pratico che abbia una qualsiasi utilità. il ribusciato suonerà magari la chitarra, ma mai farà concerti; il ribusciato sarà magari un appassionato lettore, ma mai studierà ai fini scolastici.
    Da noi, inoltre, si percia chi si buca: il drogato, ad esempio. il verbo perciare, arcaico è stato sostituito dal moderno (s)purtusare, tranne che, come detto, per quanto riguarda la forma riflessiva. infatti, il detto che citi, da noi è efficacemente reso con: ricette o pappice vicino a'noce, ramme tiempo ca te spurtoso. chi sparte, nella mia terra, ha invece "a'meglia'parte", come da te illustrato in foto. La nostra prescia diventa pressa (anche qui trovo riscontri sul de mauro: ma si parla di presse idrauiche o meccaniche, non di fretta); la nostra nasca è invece identica alla vostra. il polpo, delizia della nostra cucina costiera, sarà invece o'purpo, chi è cafone verrà chiamato scustumato(se però chiami così un portuale, è possibile che ti ritrovi al cardarelli in men che non si dica). dulcis in fundo, non abbiamo metonimie per descrivere la vagina: per noi a'pucchiacca è a'pucchiacca, senza andare troppo per il sottile.
    ciò detto, ti saluto: cià cià.

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  7. Cole, ho ragione io cento volte più di te! (bambino saccente mode off)

    Ciao Peppe, benvenuto!
    Utile imparare nuove parole, mi sento come uno studente alla pari (nel senso che mangio di merda, dormo male e il padre inglese cerca di molestarmi quando dormo).
    U pilu è sacrosanto, e come diceva una famosa canzone: "Lu cunigghjiu, lu cunigghjiu, lu cunigghjiu avi lu pilu, e lu pilu aviti vui e stanotti mi 'nsonnai che pilu cu pilu facìa cu vui. Pilu, pilu, pilupilulà! E se non tocco chiju pilu io non pozzu cchiù campà" (osanna, osanna, osanna).
    La poseja più che "scelta di vita" da noi è stato transitorio nella forma acuta, e immanente e persistente nel resto del tempo in forma molto lieve. Come dire che ci sentiamo sempre un po' domenica pomeriggio, ma ci sono giorni in cui è più domenica di altri (o come direbbero i Soundgarden "Looking California, but feeling Minnesota").
    Il pirtusu c'è anche da noi, anche se in genere si usa più come sostantivo (come nel raffinato brocardo latino: "in tempu 'i guerra ogni bucu esti pirtusu").

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  8. Qui a Venezia quando sei così si dice "sò smonà".
    Descrive proprio quel senso di noia, voglia di far nulla o voglia di qualcosa ma non sai cosa e perciò non fai niente aspettando che ti venga voglia di qualcosa...
    :-)
    A proposito di dialetti da un mio amico si fa questo giochino. Se hai voglia di giocare... :)
    Ciao

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  9. Ciao Gaz!
    Nonostante le mie lontane origini venete (avevo un nonno gentilmente nominato a San Martino di Lupari, suo paese natale, 'copaoche') le parole venete che conosco son proprio poche.
    Comincerò a seguire quel gioco, magari imparo qualcosa di nuovo!

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  10. Anonimo10:49

    Mi permetto di aggiungere che, per me, la poseja è quel tipico stato d'animo che ti fa anche interrogare: ma aundi amu a gghjiri? (sintesi: il sentiero del nostro futuro, attualmente, non è visibile) e ti fa anche pigghjari pili (cosa ben diversa e sicuramente meno piacevole dal pigghjari pilu; i.e. "tergiversare", il più delle volte per non dare una risposta) più o meno su qualunque proposta ti venga avanzata da terzi con lo scopo di allontanarti da tale stato non-tantrico.
    Quando il terzo si impunta a chiederti "Ma cos'hai caro? Non è possibile che tu sia in questo stato..." è come se esigesse da te la classica risposta Ma tu ch'i'nda sapiri? (laconicamente: cosa mai ne vuoi sapere tu?).
    Il guaio di tutta questa situazione è che, fin troppo spesso, stringi-stringi e o quagghju (i.e. "alla fin della fiera") ti ritrovi cu' u culu rruttu e senza cerasi (= hai tentato vanamente di arrampicarti su un ciliegio per farti una sana scorpacciata ma come risultato sei caduto, hai un gran male al coccige e, di ciliegie, non ne hai assaggiato mancu 'nu mmosthru - equivalente del più comune curnutu e mazziato).

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  11. humm..
    Pienamente d'accordo, ma potevi fare meglio.
    *corre a prendere un taccuino per rubare le sue idee per un prossimo post*

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