Dulcis in fundo, il vero cattivo. Quello di fronte al quale tutti gli altri impallidiscono per lo squallore delle loro motivazioni, mezzi ed obiettivi.
Distruggere il mondo senza motivo, dominare i non maghi, libertà personale e solidarietà sono solo parole vuote nella bocca degli stolti.
Per essere dei cattivi come il Conte di Montecristo ci vogliono due palle così.
Per essere dei cattivi come il Conte di Montecristo ci vogliono due palle così.
Edmond Dantès, futuro Conte di Montecristo, altro non è che un marinaio con un futuro moderatamente promettente: sta per salire di grado sulla barca dove lavora, sta per sposare la donna che ama, non ha grandi pretese o sogni, ma non si lamenta e vive contento e felice in un mondo in cui lui crede tutti siano buoni e felici.
Questo dovrebbe già farci capire in quale colossale mare di cacca lui si stia tuffando con un agile carpiato.
Questo dovrebbe già farci capire in quale colossale mare di cacca lui si stia tuffando con un agile carpiato.
Ben presto ogni persona nei paraggi di Dantès, in maniera più o meno coordinata, comincia a ordire piani per distruggere la sua vita troppo disneyana per essere accettabile (dimostrando così che a nessuno piace vedere gli altri felici, v. anche schadenfreude o una qualunque pubblicità del mulino bianco)
Grazie ad un insieme di complotti, intrighi e sfortuna il nostro Dantès si ritroverà in carcere, su un'isola, senza speranza di appello, senza neanche aver capito esattamente cosa sia successo.
Lì conoscerà l'abate Faria, un genio dall'intelletto multiforme che gli insegnerà moltissime cose e che finalmente aprirà gli occhi del giovane sull'invidia e il male nel mondo.
Stupendo il passaggio in cui questo succede, poche parole che rendono l'idea dell'improvvisa maturazione.
Grazie ad un insieme di complotti, intrighi e sfortuna il nostro Dantès si ritroverà in carcere, su un'isola, senza speranza di appello, senza neanche aver capito esattamente cosa sia successo.
Lì conoscerà l'abate Faria, un genio dall'intelletto multiforme che gli insegnerà moltissime cose e che finalmente aprirà gli occhi del giovane sull'invidia e il male nel mondo.
Stupendo il passaggio in cui questo succede, poche parole che rendono l'idea dell'improvvisa maturazione.
Faria lo guardò fissamente.Non è stupendo questo scambio di battute? Così semplice e già così spaventoso. Il proposito è già fermo e chiaro nel cuore di Edmond: qualcosa si è rotto e qualcos'altro di oscuro e malvagio ha preso il suo posto.
"Sono mortificato di avervi aiutato nelle vostre ricerche e di avervi detto ciò che vi ho detto."
"Perché?" domandò Dantès.
"Perché vi ho inoculato nel cuore un sentimento che prima non c'era: la vendetta."
Dantès sorrise.
"Parliamo d'altro." disse.
Yumm!
(secondo alcuni scienziati solo il sapore di tre torte sacher e di una setteveli all'arancia si avvicinano al dolce gusto della vendetta)
La storia prosegue con la fuga di Dantès e il ritrovamento di uno sconfinato tesoro.Questa è sostanzialmente l'ultima volta che si vede Edmond Dantès, giovane marinaio dal cuore d'oro, ed è il momento in cui si erge il Conte di Montecristo, uomo dall'intelligenza enorme, privo di scrupoli, pieno di soldi e con una missione: vendicarsi di tutti quelli che gli hanno fatto male.
Ora.
Intendiamoci.
Tutti simpatizzano per il Conte/Dantès. Gli hanno rovinato la vita quando era al culmine della felicità. Tolto il lavoro, l'amore della sua vita, il padre, la libertà.
L'hanno chiuso in una cella, si sono dimenticati di lui e hanno fatto una gran vita grazie alla sua rovina.
E' giusto che queste persone paghino per quello che hanno fatto.
Ed è qui che arriva il genio.
Le motivazioni del Conte sono giuste, ma i mezzi e gli obiettivi sono "sbagliati".
Lui è indubbiamente cattivo nelle sue azioni.
Non si limita a punire chi gli ha fatto male.
Lui li vuole annientare e vuole portare tutti quelli che sono vicini ai suoi nemici con loro.
Il desiderio di vendetta che arde in lui è disumano e non sembra provare alcuna emozione, se non il sottile piacere del fare del male.
E' decisamente crudele.
Eppure fino alla fine si sta dalla sua parte. Ogni sua trappola incredibilmente articolata che si chiude sull'ignara vittima ci fa sorridere di piacere. Vedere insieme al Conte la lenta e inesorabile agonia dei suoi nemici è stupendo. Godiamo con lui, stando dalla parte del gatto che tortura il topo.
(Marcello: se incontrasse davvero un topo farebbe meglio a scappare)
I suoi carnefici al confronto sembrano dei cattivi della domenica. Disorganizzati, incapaci, più pavidi che realmente malintenzionati. Non sono veramente in grado di fare il Male. Anzi, alcuni sono quasi pentiti di quello che hanno fatto.
Il Conte no. Lui è l'incarnazione della premeditazione. Niente e nessuno sopravvive se si mette in mezzo sulla sua strada di vendetta.
In conclusione.
Dumas è riuscito nella magia. Rendere un cattivo così realistico e giusto nelle sue motivazioni, che si è perfettamente in grado di relazionarsi con lui.
Credo che nessun altro personaggio nella letteratura riesca ad essere allo stesso tempo così cattivo (persino sadico) nelle azioni e così buono nei motivi. Apprezzato per la sua giusta vendetta e pur giustificato per la sua assenza di scrupoli.
Se non l'avete ancora fatto, leggetelo.
Il vostro lato da carciofino sott'odio lo merita.