21 dicembre 2011

Il dovere chiama

Non c'è tempo da perdere.
(Cosa vuoi che faccia? ANDARMENE? Così continueranno ad avere torto!)

Vignetta originale di xkcd, tradotta da me.

19 dicembre 2011

Potenziale

Io lo dicevo che era meglio non provocarmi.


Vignetta originale di XKCD, tradotta da me.
Cliccare sopra per ingrandire.

18 dicembre 2011

Sherlock Holmes un gioco d'ombre - una recensione

Guy Ritchie mi rende le cose troppo facili.
Partito come regista talentuoso con Lock and Stock e il più famoso The Snatch (andate a vederlo, posso aspettare), Ritchie è passato per un periodo creativo orribile per tutto il tempo in cui è stato sposato con Madonna.
No, sul serio.
Ha pensato che fosse un'ottima idea fare un remake di un film italiano mettendo sua moglie come protagonista. E quel film era Travolti dal destino.
Grazie Guy, col tuo esempio posso dire che sia il matrimonio che Madonna sono cose da evitare come la peste.
(Immaginate di essere abbracciati da lei e poi dover fare il regista. O forse è meglio di no.)
Fortunatamente nel 2008 i due si sono separati e Ritchie ha subito cominciato a risalire la china, prima con un mediocre RocknRolla e poi con i film su Sherlock Holmes (non il personaggio uscito dalla penna di Conan Doyle, ma quello venuto dai fumetti di tale Lionel Wigram).
 
(La lingua ferisce più della spada, ma una pistola ferisce più della lingua)
In questo secondo film, senza molte sorprese, Sherlock preferisce ancora una volta usare il suo intelletto superiore per pianificare dei combattimenti degni dei migliori ninja, piuttosto che per combattere il crimine, o meglio, preferisce combatter il crimine... ehm... combattendolo.
 
Come c'è da aspettarsi, sono pochi gli elementi comuni con l'omonimo personaggio di sir Arthur, di cui questa è più una gioviale reinterpretazione.
Ed è proprio in questo senso che il film è ben riuscito.
Adatto sicuramente ad un pubblico diverso dagli amanti degli enigmi celebrali, questo Sherlock si destreggia bene sia con le mani che con le cellule grige, dando divertimento molto di più a chi cerca uno svago per una sera, che una sfida alle proprie capacità deduttive.
Grazie alle frequenti scene d'azione, la logorrea in cui Robert Downey Jr indulge volentieri è limitata; le manie, le psicosi e le esagerazioni del personaggio sono usate in maniera creativa. Certo è, che come altri film in cui Robert Downey appare, sorge il dubbio se lui era l'attore ideale per il personaggio, se il personaggio è stato ricamato intorno a lui o se lui fa ogni personaggio nella stessa maniera.
 
(è nato prima il folle o Robert Downey Junior?)
Come in Iron Man, il protagonista è un bohemienne, eccentrico ed egomaniaco, in cui il confine tra follia e genialità è stato da lungo tempo sorpassato, giungendo nei pacifici pascoli al di là.
Ci sono ovviamente abbondanti strizzate d'occhio al rapporto che intercorre tra lui e Watson (interpretato da un bravo Jude Law), ma a chi non è mai venuto in mente questo pensiero?
 
("Bruce, sono sicuro che non sia il batarang quello che sento")
Se avete già visto altri film di Guy Ritchie sapete cosa aspettarvi.
Lui è l'esperto dei film basati sulla lunga truffa, ossia una serie di inganni, doppi giochi e colpi di scena di cui solo una o due persone sono pienamente a conoscenza e che si sveleranno per intero soltanto alla fine.
Il ritmo delle riprese è sincopato, alternando carrellate molto rapide ad altre molto lente, esposizione e avventura.
Per me questo è un modulo provato che funziona bene, in questo film ancor meglio che nel precedente. Gli attori interagiscono bene e nonostante l'azione più che abbondante la storia non è dimenticata e le risate non mancano.
C'è solo da sperare, quindi, che Guy Ritchie rimanga divorziato il più a lungo possibile.
 

13 dicembre 2011

Team Van Helsing - Il prologo

Twilight, come molti altri romanzi recenti, ad una prima occhiata disattenta sembra appartenere all’horror, ma è in verità un romanzo di formazione, genere letterario al cui fulcro sta l'evoluzione del protagonista verso la maturità e l'età adulta. In Harry Potter era la magia, in Twilight i vampiri, ma questi elementi sono solo lo sfondo sul quale si dipana la storia del protagonista, unico elemento importante. Cambiando lo sfondo la storia rimarrebbe praticamente identica.
In questo senso è certamente possibile definire horror la storia di Twilight, ma solo perché le vicende personali di Isabella Swan sono decisamente brutte, e non nel senso di spaventose, o tristi, ma nel senso di dolorosamente noiose e infantili.
Ma sezioniamo questo romanzo e vediamo i motivi per cui è così orribile.

(Ogni volta che penso a Twilight mi viene in mente questa copertina)
Già il prologo nasconde uno dei più abusati trucchi della narrazione: l’incipit in medias res per poter attirare l’attenzione del pubblico, senza doversi dilungare (per il momento) in lunghe presentazioni. Probabilmente gli editor le hanno detto di mettere un po' di azione all'inizio per non spaventare tutti i lettori cominciando già con un'adolescente frignante.
Bella sta per essere uccisa. Complimenti Meyer, così tieni in sospeso sia quelli che sperano di vederla morire, sia quelli che la vogliono viva. Brava.
Ma non c’è da preoccuparsi per questo inizio così concitato. L’autrice impiegherà l’intero libro per tornare esattamente a questo punto (e comunque lei si salverà).

(questo = la mia agonia)
Questa mezza pagina di prologo contiene così tante fregnacce da meritare un’analisi completa tutta per sé.
Bella sostiene di non aver mai pensato seriamente alla morte, nonostante avesse avuto più di un’occasione per farlo, riuscendo con questa sola frase a far capire di essere un’idiota, per non aver mai considerato seriamente di morire, di fronte ad un pericolo incombente per interi mesi.
“La mia vita è in pericolo? Corbezzoli, meglio andare a guardare la tv o distrarsi inseguendo farfalle.”

(è bello pensare che sia questo che lei ha fatto nei mesi precedenti)

Sostiene di volersi sacrificare per un’altra persona che lei ama e che questo è nobile, quello che non dice è che questo comportamento è un’enorme sirena per attirare l’attenzione su di sé. È come se mettesse un enorme cartellone luminoso sopra di sé con scritto “MI STAI GUARDANDO? GUARDAMI! GUARDAMI!” Non ti preoccupare, Bella, sei così al centro del mondo che questo romanzo è in prima persona, e ti giuro, la tua testa è un brutto posto.


Dice che sapeva che andando a Forks, il paese dove si è di recente trasferita, sarebbe andata incontro alla morte.
Ah.
Dunque, Morte le ha scritto una lettera, lei ha poteri paranormali, lo dice per creare tensione, o ha solo sparato una cazzata, tanto per dire? Propendo per l’ultima...
(Morte conferma: IO NON LE HO DETTO NULLA, MA LA ASPETTO DA PARECCHIO)

Poi dice “Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché alla fine si conclude” quindi da un lato ci dice senza alcuna modestia che il libro che ci aspetta è un sogno che supera ogni aspettativa, dall’altro che è ingiusto per Bella lamentarsi, ma di fatto è quello che sta già facendo, perché diciamocelo: lei è una noiosissima ragazzina viziata a cui non sta mai bene nulla e a cui piace lamentarsi per TUTTO.
Beh, almeno quest’ultima cosa ce l’abbiamo in comune.

11 dicembre 2011

Team Van Helsing

Le domeniche sono fatte per pentirsi di aver mangiato messicano la sera prima e per cercare materiale su cui scrivere post. Questa domenica è fatta anche per annunciare che presto comincerò, con il coraggioso aiuto della mia ragazza, una dissezione della peggior storia di vampiri che finora abbia mai toccato l'umanità.
Non sto parlando di Gayracula (sebbene possa essere difficile notare la differenze tra quel film e questo), o di Mio nonno è un vampiro, ma di Twilight.
Ebbene sì, visto il tragico avvicinarsi del periodo dei cinepanettoni, tanto vale armarsi di sano masochismo e procedere ad una analisi del libro della Meyers per il vostro personale godimento.

 A presto, con il prologo.

08 dicembre 2011

Un ciclo di tempo

Qualcuno forse ancora non lo sa, qualcuno si ostina a dire che è falso, ma la verità è che funziona proprio così:
(cliccare per ingrandire)

Vignetta originale di Adam Huber, tradotta da me.

04 dicembre 2011

Midnight in Paris - una recensione

Immagino che qualcuno debba aver il coraggio di dirlo.
L'ultimo film di Woody Allen, Midnight in Paris, è proprio mediocre.
E' scarso e c'è poco da fare.

(L'espressione che ha nel poster sarà mantenuta per tutto il film. Buon divertimento)
Ieri ho provato a vedermelo e dopo un'ora me ne sono uscito.
Non perché fosse pessimo, come altri film che ho pure visto fino alla fine.
Ma perché era insulso, pretenzioso e troppo sicuro di sé.
I personaggi sono delle macchiette, gli attori sono guidati in maniera approssimativa e spesso sono lasciati a se stessi (cosa da non fare se nel cast hai Owen Wilson e Kurt Fuller, attori chiaramente a proprio agio solo nelle commedie americane).

La trama, poi, si strizza l'occhio da sola, credendosi brillante.
Il protagonista, un nostalgico del passato, finisce nel passato dove incontra una parigina anni venti che è a sua volta nostalgica di un passato ancora più remoto.
Ah.
Lui sta scrivendo un libro sul gestore di un "negozio nostalgia" (praticamente a metà strada tra il robivecchi e l'antiquario) e incontra "casualmente" la proprietaria di un negozio nostalgia.
Uhm.
Quando il caso dice la coincidenza, eh?
Certo, quante possibilità c'erano?

(grazie Fight Club, tu sì che sei il migliore film in assoluto)

Come dice Hugo Pratt con Corto Maltese: "Tra sarcasmo e ironia c'è la stessa differenza che tra un rutto ed un sospiro." E l'ironia per poter funzionare deve essere lieve, accennata, sottintesa, non banale, greve o espressa.

Andava detto, non fatevi ingannare da Mollica (lui parlerebbe bene di tutto) o da altre recensioni. Questo è un film al massimo mediocre, e Woody Allen avrebbe dovuto fermarsi prima di Match Point.

E se adesso al cinema si degnassero di portare Real Steel (Hugh Jackman e robot che fanno la boxe? Ma yeah) o ancora meglio il film dei Muppets, io sarei molto più contento.