16 agosto 2014

La parola ai giurati - una recensione

VII giurato: Be', e ora che si fa?
VIII giurato: Ora discutiamo.

Strano a dirsi ora, ma La parola ai giurati, alla sua uscita sui grandi schermi, fu un triste insuccesso: il pubblico era colpito dall'avvento del colore e dal 16:9, la trama interessava meno (qualcuno ha parlato di film in 3d?). Solo all'arrivo sulla televisione questo film trovò il suo seguito, e ad oggi è considerato un grande classico.
Oggi vi parlo, quindi, del perché La parola ai giurati (titolo originale "12 angry men") è un gran bel film.


Tanto per cominciare, rassicuriamo il pubblico del cinema di allora: l'uso del colore non avrebbe cambiato assolutamente nulla.
Praticamente l'intero film, fatta eccezione per 3 minuti, è girato in una sola stanza, quella in cui si riuniscono i giurati per deliberare: un squallida sala riunioni, calda in maniera asfissiante e con l'unica ventola presente fuori uso.
Poco altro si vede: l'aula di tribunale all'inizio del film, un bagno verso la metà e l'esterno del tribunale alla fine.
Questo è certamente un film d'altri tempi, e già lo si intuisce. Non c'è bisogno di molto per fare un film, soprattutto se la trama è ben fatta, ed in questo caso è semplice eppure geniale.



Il film inizia con la fine di un processo.
Ci sono appena state le arringhe finali e il giudice invita la giuria a ritirarsi e a decidere la sorte di un ragazzo che è accusato di aver ucciso il proprio padre e che rischia la sedia elettrica.
Per pochi secondi viene mostrato il ragazzo e poi ci ritroviamo già nella sala, dove pigramente stanno entrando e sistemandosi i giurati. In questo momento, mentre alcuni vanno in bagno, altri si tolgono la giacca e altri si siedono, scorrono i titoli di testa.
Si controllano le presenze e già ci si accorge di qualcosa che non torna, i protagonisti non hanno nomi, sono solo numerati: giurato da 1 a 12.
Il giudizio si prospetta facile, l'accusa ha fatto un ottimo lavoro e l'imputato sembra già condannato. Alla prima votazione undici persone votano colpevole, un solo giurato vota innocente.

(undici mani alzate per la colpevolezza)

E, sia chiaro, lo fa non perché ritiene che l'imputato sia innocente, ma perché crede che non sia possibile togliere la vita ad una persona senza averne parlato.
Uccidere una persona non deve essere facile, anche se lo si fa per "giustizia".
Non è una discussione sulla pena di morte, si dà per assodato che se si è colpevoli, bisogna pagare, però si cerca di meditare sulla gravità della decisione.
Quindi si prosegue, analizzando le prove, discutendo più o meno animatamente e facendo successive votazioni, dalle quali emerge come il dubbio sulla colpevolezza sia avanzato tra gli altri giurati.

Nonostante questo film si svolga interamente in un tribunale, non è un thriller legale. Il tema centrale, più sotteso che affermato, è quello della responsabilità del giurato nelle proprie decisioni. Il mezzo è un avvincente giallo, nel quale si rivedono a bocce ferme tutti gli elementi di prova, si analizzano i testimoni quanto le testimonianze.
Non si cerca un colpevole perché lo si ha già, ma si cerca di capire attraverso il confronto se davvero lo sia, un po' come un gruppo di persone che discute della validità di giallo.

Sì, il testimone ha detto di aver visto l'imputato attraverso un vagone della metro che passava, ma possiamo essere sicuri di quello che dice, quando afferma anche di aver sentito l'imputato?
E come giallo è senz'altro interessante, perché per una volta tutti sono detective e tutti conoscono gli elementi di prova, ma non sono d'accordo su come interpretarli ed è dalla discussione e non dal genio di una sola persona, che si arriva alla soluzione.

Il film è ben realizzato, non ha effetti speciali, non ha azione.
E' un bel vecchio film che vale la pena vedere.

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